Il cantore conosce ciò contro cui non si può nulla. Non vi vede una sconfitta, ma il modo di convivere con la verità. Immerso nella realtà delle cose, non trova l'invito a superarle e per questo esse gli si rivelano.
Il Tao del canto è un omaggio al messaggio poetico lasciato da grandi maestri, primo fra tutti Chuang-Tzu (IV° sec. a.c.) ed ad autori più vicini nel tempo, come Juddu Krishnamurti e Osho Rajneesh (mi assumo ogni responsabilità sul fatto di averli proposti in veste taoista, visto che non si sono mai dichiarati tali).
La poetica descrittiva della prosa taoista, costituita da immagini che come lampi si irradiano alla nostra comprensione, si adatta a rilasciare informazioni sull’imponderabile universo della voce e del canto.
Queste frasi sono proposte nella veste semplice e dinamica di un invito ludico a calarsi all’interno della “possibilità”: la possibilità di riuscire a cogliere squarci di grandezza in grazia di ciò che ci è stato per natura gratuitamente elargito e che per un qualche inciampo storico si è reso oggi estraneo al nostro intendimento.