Cantare "a destra"

Di Stefano | 03 febbraio, 2018

Come funziona il cervello relativamente all'ascolto e alla produzione della musica?  Ci sono delle differenze tra la musica strumentale e quella vocale relativamente alle aree del cervello che ne vengono coinvolte? Perché la balbuzie non crea problemi quando si canta? Ed è vero che si improvvisa più facilmente se si ascolta la base con il solo orecchio sinistro?

E' stato scientificamente appurato che per la maggioranza delle persone ascoltare musica con l'orecchio sinistro (processato dalla parte destra del cervello), produce una maggiore immersione emotiva, un maggior coinvolgimento nel flusso musicale. Mentre un ascolto effettuato dall'orecchio destro (processato a sinistra) comporta invece una stimolazione neurale simile a quella prodotta durante l'esercizio del linguaggio: nel cervello si azionano infatti le aree di Wernicke e Broca, ad esso deputate, specialmente quando l’ascolto viene effettuato da musicisti (visto che quest’ultimi sono in grado di effettuare una scansione cosciente del linguaggio musicale). 

Accade quindi che improvvisare sopra un'armonia data e percepita principalmente con l'orecchio sinistro (provare per credere!) facilita la capacità di liberare il proprio istinto musicale, strettamente dipendente dalla sfera emotiva. 

Le caratteristiche peculiari della parte destra del cervello e le sue differenze procedurali con la parte sinistra sono ormai conosciute da tempo: per quanto riguarda l'attività musicale sappiamo, ad esempio, che la parte destra è sicuramente più coinvolta, benchè i suoni vengano processati da ambo i lobi. La produzione della musica attraverso strumenti e il canto si differenziano, però, perché quest'ultimo viene interamente processato dalla parte destra del cervello. Si tratta della parte più arcaica (infatti matura già tra il settimo e l'ottavo mese di gestazione, mentre la parte sinistra continua il suo sviluppo anche dopo la nascita) e la si può benissimo leggere come la più legata all’istinto, alla parte inconscia della nostra operatività, che è poi è quasi sempre e solo di origine somatica (come sostengono Damasio, Linden, Gherson, Libet). 

Ciò spiega anche perché il canto aggiri alcuni disturbi del linguaggio, come raccontato nel bel film “Il discorso del re”, in cui Giorgio VI viene guidato a superare i suoi pesanti problemi di balbuzie dall'istrionico vocal coach Lionel Logue.

Alfred Tomatis invitava ad abbracciare, nel cantare, uno “stato di abbandono”: la perdita di parte del controllo cosciente di tipo razionale, gestito dall’emisfero sinistro che organizza il linguaggio, comporta infatti un’immediata attivazione della parte destra del cervello, la quale, come si è detto, è quella maggiormente deputata alla processazione naturale del canto.

Per chi ha voglia di approfondire il rapporto che i nostri sensi e i nostri centri superiori hanno con la musica, consiglio due letture, fra le molte possibili, ricche di interessanti informazioni:

Daniel J. Levitin (2008), “Fatti di musica”, ed. Codice.
Philip Ball (2011), “L’istinto musicale”, ed. Dedalo.

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